Mi sono iscritta alla Facoltà di Giurisprudenza nel 1992 l’anno dei processi Mani Pulite e su consiglio del mio professore di diritto che mi fece appassionare alla materia. Durante il mio percorso universitario pensavo di intraprendere la libera professione, invece, per una serie fortuita di eventi e un po’ per destino, iniziai a svolgere la pratica forense presso uno studio legale. Qui compresi subito che quello sarebbe stato il mio mondo, anche perché incontrai quelle che ancora oggi sono le mie attuali socie. Nel 2002 abbiamo aperto il nostro studio legale Associato. Avevamo la fiducia delle persone e partire è stato semplice. Crescere e mantenere il clima giusto di lavoro è più difficile, perché abbiamo dovuto dimostrare il nostro valore. Siamo rimaste in piedi anche durante i periodi di crisi perché credo che la nostra forza sia proprio essere un’associazione. Interagiamo e lavoriamo di concerto, analizzando un problema da tutte le angolazioni. Questo è un vantaggio per i nostri assistiti. Fare questa professione significa instaurare sempre un dialogo col cliente per capire le motivazioni umane dietro ogni situazione e poter, così, stabilire un rapporto empatico e di fiducia. Sicuramente essere donna è un plus, perché la capacità di dialogo e comprensione è più spiccata e ci aiuta a guardare oltre le apparenze.